Flora all'epoca Micenea

Se pensiamo ai cambiamenti climatici attuali, possiamo meglio comprendere quanto grandi siano le distanze che ci separano attualmente dalla flora e dalla fauna dell'Età del Bronzo. E ben diversa era la conformazione dei territori, soprattutto lungo le linee di costa. Come si evince negli studi sul Golfo Argolico e sulla piana della Troade (vedi fig. a destra).
Anticamente il Peloponneso era rigoglioso e non brullo come oggi. Boschi e foreste di querce, cipressi, pini e aceri lo ricoprivano, al loro interno si muoveva una fauna molto variegata di cervi, cinghiali, linci, pantere e leoni (questi ultimi fin troppo bene attestati nelle figurazioni e più grandi di quelli africani). La fauna lentamente diminuì per la sparizione del territorio e per la caccia, fino a estinguersi alla fine del I sec. d.C. Stessa sorte ai boschi che sopperendo alla continua richiesta di legname, all'intensiva coltivazione della terra, subirono una conseguente deforestazione. Il legno era un materiale troppo prezioso per costruire, indispensabile per edifici, imbarcazioni e carpenteria.
Le montagne in generale erano perciò più fitte di boschi, più umide e più selvagge. Meno sfruttate e impoverite erano allo stesso tempo territorio di caccia, rifugio e pascolo per gli animali e fonte di cibo per i raccoglitori (si reperivano ghiande, castagne, e bacche di ogni genere).

Per quanto riguarda gli elementi vegetali nell'Età del Bronzo, le uniche informazioni che abbiamo sono sporadiche. Il ritrovamento del legno negli scavi avviene solo in concomitanza con gli strati d’incendio nel constatare i frammenti carbonizzati, oppure come labile traccia impressa nel suolo e nei muri, ma anche dell’impronta che resta sull'argilla cruda usata nelle costruzioni (vedi fig. a sinistra). Un altra strada della conoscenza dell’uso del legno viene dalla scrittura, infatti le tavolette in Lineare B fanno larga menzione del legno come materiale, poca sul tipo di essenza. Due tavolette ritrovate a Pilo potrebbero indicare l'uso di materiali impiegati da apposite maestranze per la costruzione (Montecchi B., Edifici e maestranze edili in età Micenea, 2010). 
I taglialegna sono menzionati come du-ru-to-mo nella tavoletta PY Vn 10. Tagliavano i tronchi di conifere a 2 o 3 piedi dal suolo, per destinare il legno alla costruzione di navi o di edifici. Il grosso ceppo con le radici ancora a terra rimaneva lì per un paio di anni a produrre nuova resina. Poi il legno ricco di resina veniva tagliato in pezzi per produrre torce, frammenti per il fuoco e una sorta di fiammiferi dawo[i]. Soprattutto da pini e abeti veniva tratta la resina pura, da cui poi si ricavava la pece (pissa), utile per calafatare le imbarcazioni e sigillare le anfore (Faure, La vita quotidiana in Grecia ai tempi della Guerra di Troia, 1965, pp. 213-14).
Per fabbricare le ruote dei carri si usava il legno di salice (e-ri-ka) e di olmo (pte-re-wa) a Cnosso; a Pilo invece di cipresso (ku-pa-ri-se-ja). Per fabbricare piccoli oggetti in legno, quali sgabelli e tavolini, si usava il ku-te-so (maggiociondolo o ebano), il mi-ra2 e il pu-ko-so (per uno studio approfondito sugli ideogrammi: Ventris, Chadwick, Documents, p. 342).
Alcune essenze arboree, provenienti dai vari siti Micenei, sono state analizzate (Darcque, L'habitat Mycènien, 2005, pp. 65-67): Cipressi (cupressus) utilizzato per le costruzioni; Querce (quercus) principalmente per la chiglia delle navi; Frassino (fraxinus) per gli archi e le aste delle lance.


Operando una semplificazione troviamo: Il fico a Tirinto e a Assiros, in generale nella Grecia continentale e Peloponneso. L'olivo in abbondanza nella Grecia continentale e Peloponneso. Il pistacchio a Nichoria e nel Peloponneso. L'olmo e il carpino nero a Lerna e nel Peloponneso.

Gestiti dal palazzo abbiamo: Viti (vitis) per l'ampia produzione di vini, tre qualità di cui una con resina (doveva essere molto simile all'attuale bevanda greca retzina). Olivi (olea) per la coltura delle olive e la preparazione dell'olio. Fra gli alberi da frutta c'erano i meli, peri, melograni e fichi (in numero pari delle viti).
Non mancavano pini, platani, pioppi e in alta quota abeti e faggi.
Nell'Odissea è descritto il palazzo di Alcinoo. Questo presentava un giardino adiacente al palazzo, trovando un parallelismo con Ugarit. Giardino coltivato simile è quello della fattoria dove viveva Laerte il padre di Odisseo (Od. XXIV, 226-247 e 338-344). Qui si coltivavano pere, mele, fichi, olive e uva e persino i melograni (Od. VII, 80-138; XI, 589-590).
PaN

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