Mattang, Meddo e Rebbelib, le carte nautiche polinesiane

mattang, meddo, rebbelibQuali abilissimi navigatori i Polinesiani esploravano i mari registrando e memorizzando tutte le nozioni raccolte. Non conoscevano la scrittura e non disegnavano mappe, almeno come noi le intendiamo, ma costruivano le cosiddette "carte a bastoncini". Ne esistono di 3 tipi: mattang, meddo o rebbelib

Nella concezione polinesiana del mondo, l'oceano è immaginato come pieno di isole, il che aiuta a spiegare i loro viaggi audaci e la voglia di spingersi sempre oltre l'orizzonte conosciuto. 
ricostruzione imbarcazione dell'artista hawaiano Herb Kāne
Tongiaki of Tonga, ricostruzione dell'artista hawaiano Herb Kāne.
Questa imbarcazione, tipo catamarano, è descritta già nel 1616. 
L'orientamento nel vasto Oceano Pacifico assume un ruolo fondamentale, specie se non si posseggono bussole, carte dettagliate o altri strumenti precisi di navigazione. Con le isole spesso molti distanti l'una dall'altra e così basse da non distinguerle facilmente a vista, gli isolani diventarono acuti osservatori delle stelle, delle correnti oceaniche, del moto ondoso e dei venti a cui associarono molti nomi per distinguerli. Ci si stupisce che alcune di queste isole del Pacifico siano state colonizzate così in passato quando noi Occidentali alcune le abbiamo scoperte soltanto nello scorso secolo. 
Nelle loro grandi imprese di viaggio i polinesiani si spingevano su lunghe rotte tra 500 e 1000 miglia nautiche. Si avviavano in squadroni composti da almeno quindici canoe, comandati da un capo con uno o più piloti a consigliarlo. Al fine di coprire il più ampio campo visivo possibile, lo squadrone procedeva in linea retta, ma le singole canoe erano ampiamente separate da poter comunicare solo tramite segnali. Con questo largo fronte evitano di navigare oltre l'isola che stavano cercando. Durante la notte lo squadrone si riavvicinava e navigava usando le stelle. Uno degli ultimi navigatori polinesiani, il famoso Mau Piailug, racconta come si usassero metodi tradizionali per determinare la latitudine: la cosiddetta Bussola Stellare
Mau Piailug e il metodo tradizionaleL'intero stile di navigazione polinesiana contraddice la supposizione che prima dell'invenzione della bussola fossero intrapresi solo viaggi di cabotaggio, cioè seguendo rotte marittime a vista delle coste.
Venti prevalenti Kalib RilibGli antichi capi Polinesiani si tramandavano un'arte segreta fatta di carte a bastoncini, che via via venivano aggiornate nelle esplorazioni successive. Attraverso queste speciali mappe gli esploratori riuscivano a immagazzinare tutte le informazioni per la navigazione, ottenendo una rappresentazione realistica simile alle nostre carte geografiche. 
Usando le costole delle palme, resistenti e flessibili, realizzavano un traliccio che faceva da supporto per "disegnare" le mappe. Poi sui tralicci principali si fissavano altre costole, in genere oblique, che rappresentavano le correnti principali e i venti. Le costole a V indicavano le zone d'ombra delle correnti. Infine venivano aggiunte le conchiglie o pezzi piccoli di corallo per indicare dove, rispetto alle correnti, erano ubicate le isole o gruppi di queste.
Molte di queste rappresentazioni sono state ritrovate o provengono dagli Stati Federati della Micronesia, più precisamente dalle note Isole Marshall
In questo esempio di carta nautica delle isole Marshall (rebbelib) riprodotto nella foto, nella parte alta c'è collocato l'atollo di Bikini, presenta la localizzazione delle isole con le conchiglie ed è stato collezionato dal Capitano Winkler nel 1898. Attualmente l'originale è conservato al Museo Etnografico di Berlino. 

Riproduzione rebbelib trovato dal Capitano Winkler nel 1898

Sebbene le Isole Marshall fossero abitate sin dal II millennio a.C., poco si conosce della loro storia prima dell'arrivo degli Europei. Alonso de Salazar fu il primo esploratore spagnolo a scoprire queste isole nel 1526. Furono anche ribattezzate come Los Jardines o Los Buenos Jardines (dallo spagnolo, "I Giardini" e "I Buoni Giardini"), quasi a voler rimarcare la natura paradisiaca di questi luoghi.

Alcune di queste isole sono divenute loro malgrado famose dopo che gli USA hanno condotto tra il 1946 e il 1958 alcuni test nucleari. 
Dopo aver spostato la popolazione su altre isole hanno fatto esplodere 67 bombe nucleari. Ad oggi, dopo 60 anni, questi sono alcuni dei risultati:
  • Isola di Bikini: tuttora radioattiva, è impossibile abitarci.
  • Atolli Rongelap e Utirik: abitati e contaminati per la vicinanza alle esplosioni.
  • Nam: distrutta dalla deflagrazione, non esiste più.
  • Elugelab: fatta detonare dalla prima bomba è completamente scomparsa.
  • Runit: è diventata deposito per le scorie nucleari. Una cupola di calcestruzzo armato, stile sarcofago di Chernobyl, è stata costruita sopra il cratere nucleare usato come deposito. Oggi è ad alto rischio di contaminazione per l'innalzamento dei mari.
A causa dell'altitudine molto bassa degli atolli dell'arcipelago delle Marshall molti di loro sono minacciati dai potenziali effetti dell'innalzamento del livello del mare. Secondo alcuni le Isole Marshall sarebbero il luogo al Mondo più minacciato delle inondazioni causate dai cambiamenti climatici.
Per dare un forte segnale già nel 2010 l'atollo di Bikini è stato riconosciuto e inserito dall'UNESCO, nonostante la sua paradossale immagine di pace e di paradiso terrestre, come simbolo dell'era nucleare (l'Antropocene!) e inizio del disarmo nucleare.
Arch. Panaiotis Kruklidis

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